Il multipower in palestra è pericoloso: leggenda o verità?

Nel mondo della palestra, talvolta, non ci sono vie di mezzo. C’è chi evita il multipower come la peste, ritenendolo inutile e controproducente, e chi, invece, lo sfrutta serenamente in tutti i modi possibili, ignaro dei presunti “pericoli” in agguato.

Anche tra gli addetti ai lavori, le posizioni sono piuttosto nette. Da una parte troviamo il “coach” Umberto Miletto che ci invita senza mezzi termini a starne alla larga e, dall’altra, abbiamo gli altrettanto competenti professionisti del Project Invictus i quali, non solo scagionano l’infernale macchinario minimizzandone i rischi, ma lo ritengono addirittura un attrezzo utile in ottica bodybuilding.



Chi ha ragione? Dove sta la verità? Il multipower è davvero pericoloso per la salute delle nostre articolazioni, oppure possiamo utilizzarlo in tutta tranquillità e sicurezza?

Per quanto mi riguarda, sono sempre stato particolarmente e ostinatamente “allergico” a questo coso. Tanto che, durante le mie sedute in palestra, ho sempre fatto una fatica tremenda a trattenere la mia aria schifata di fronte a quelle (non poche) persone che amano riprodurre tutta la gamma di esercizi possibili e immaginabili al multipower, incluse le davvero inguardabili e improponibili tirate al mento.

Ma prima di giungere a conclusioni troppo frettolose e “di parte”, mi piacerebbe in questo articolo fare due o tre ragionamenti al riguardo, anche per capire più a fondo vantaggi e svantaggi del multipower. Spero, se avrai la pazienza di leggere fino alla fine, di riuscire a trasmetterti tutte le informazioni necessarie affinché tu ti possa fare un’opinione personale, e senza preconcetti, su un argomento tanto “controverso”.

Il multipower: di che stiamo parlando?

Il multipower, per chi fosse ancora all’oscuro, è un grosso e ingombrante macchinario molto diffuso nelle palestre. Il suo nome tecnico, per la verità, sarebbe Smith machine, ma non ho mai sentito nessuno in palestra chiamarlo così. Si tratta, in breve, di un imponente supporto per bilanciere, dove quest’ultimo si trova “ancorato” tramite una coppia di ganci a due binari in grado di scorrere verticalmente, dall’alto verso il basso e viceversa, senza possibilità di sfuggire dalle mani e cadere dalla struttura.

Ecco spiegato il motivo per cui il multipower è stato introdotto con cotanto successo nelle nostre palestre.

Il multipower, in linea teorica, costituisce un’alternativa “sicura” ai pesi liberi, in quanto le piastre che compongono il bilanciere e il bilanciere stesso hanno meno probabilità di cadere per terra fracassando pavimenti e mettendo a repentaglio l’incolumità delle persone. Inoltre, i movimenti del bilanciere sono vincolati e dovrebbero perciò rendere accessibili gli esercizi più complessi anche ai principianti o ai soggetti con problematiche più o meno gravi.

Se è così sicuro, da dove arriva la sua cattiva fama?

Che sia meritata oppure no, la sua cattiva fama deriva principalmente dal modo in cui la Smith Machine viene utilizzata dalla stragrande maggioranza di chi si allena con i pesi. Ovvero sia come sostituito degli esercizi fondamentali. Quando la panca piana è occupata, cioè quasi sempre, l’impaziente istruttore ti spedisce sotto il bilanciere vincolato del multipower, farfugliando qualcosa del tipo “tanto è lo stesso”. E la solfa non cambia per quanto riguarda l’intramontabile squat con il bilanciere.

In modo analogo, il multipower viene “prescritto” a quelle ignare persone reduci da qualche infortunio, le quali hanno paura di sovraccaricare troppo le articolazioni oppure non si sentono abbastanza confidenti nell’affrontare gli esercizi nella variante libera.

Qualunque sia la ragione per cui si finisca nelle fauci del multipower, l’errore è sempre uno e uno soltanto.

Il multipower va considerato per quello che è, una macchina a tutti gli effetti. E non un facile sostituito dei fondamentali.

Se questo attrezzo viene chiamato “Smith machine”, un buon motivo ci sarà, giusto? Appunto perché è una macchina, e come tale va considerata, alla pari di chest press e pectoral machine, tanto per citarne alcune.

Negli esercizi più complessi come panca piana e squat, i movimenti del corpo non sono mai lineari come il multipower potrebbe suggerire. Il bilanciere, in altre parole, dovrebbe essere libero di muoversi su più dimensioni nello spazio, anche per adattarsi meglio alla fisiologia individuale. Nel multipower, è molto difficile, se non impossibile, trovare l’assetto corretto e impeccabile, che sia in spinta o in tirata: ciò può provocare forzature nel movimento, le quali, a lungo andare, rischiano di usurare le articolazioni e far insorgere dolori e infortuni. Inoltre, pensare di sostituire gli esercizi fondamentali con la Smith Machine non ci aiuta a gestire in modo intelligente gli alti carichi, in quanto gran parte del lavoro di equilibrio e stabilizzazione viene delegato alla macchina.

Morale della favola: caricare quintali di peso al multipower pensando di sostituire squat, lento avanti e panca piana è inutile, inefficiente e, a lungo termine, persino rischioso. Non basterà certo un singolo utilizzo a scatenare dolorosi infortuni, ma un gesto non ottimale che vieneripetutodecine, se non centinaia di volte, prima o poi verrà a chiedere il conto.

Ma allora, come dovremmo usarlo?

Per quanto abbiamo detto finora, il multipower andrebbe considerato allo stesso livello delle macchine isotoniche: ecco che lo squat al multipower diventa, di fatto, una variante dell’hack squat machine, mentre la panca piana al multipower una versione “orizzontale” della chest press. Similmente, il lento avanti assume sempre di più le sembianze, anche se un po’ inquietanti, di una shoulder press.

Pertanto, dovremmo adottare, né più, né meno, gli stessi accorgimenti tecnici che useremmo con queste tipologie di macchinari.

Il multipower, da questo punto di vista, inizia a fare un po’ meno paura e anzi si configura come uno strumento decisamente più versatile di quanto ci saremmo mai immaginati. Come viene illustrato in questo video preso dal canale Project Invictus, gli esercizi proposti al multipower sono e devono essere dei complementari da approcciare con bassi carichi e medie/alte ripetizioni, nell’ottica di creare tensione continua nel muscolo target ed evitare l’inutile affaticamento legato alla difficoltà di dover gestire l’equilibrio del bilanciere.



Morale, se il multipower è brutto e cattivo, lo dovrebbero essere anche tutte le macchine a cui ci affidiamo ogni giorno in palestra. Morale della morale: non è il multipower in sé a essere “sbagliato”, ma, molto banalmente, l’uso che ne facciamo.

Il multipower è scagionato?

Ni.

Ho già discusso in modo più approfondito la differenza tra pesi liberi e macchine isotoniche, ma, visto che ci sono (e l’allergia al multipower non è ancora passata), ci tenevo a prendere una posizione più netta.

Nella mia esperienza, infatti, non ho visto molte persone soccombere sotto ai macchinari che vediamo ogni giorno in palestra, ma col tempo mi sono interrogato sempre di più sulla loro reale utilità. Se il tuo pallino è diventare un bodybuilder, se il tuo unico obiettivo è aumentare la massa muscolare e sfoggiare i tuoi addominali in spiaggia, allora le macchine entreranno di prepotenza nei tuoi allenamenti. Se vuoi massacrare i tuoi quadricipiti, e qui non ci piove, degli affondi al multipower saranno di certo più comodi e produttivi rispetto alla variante classica.

Ma i muscoli non sono tutto e, per quanto mi riguarda, il bodybuilding non è e non può essere l’unico pensiero di chi si allena in palestra per stare in forma e migliorare la propria salute. Negli anni, ho provato in mille modi a farmi piacere le macchine, ma alla fine, fatta eccezione per pulley e lat machine (che ritengo più simili ai cavi),ho deciso di abbandonarle, per sempre, forever and ever. Ho cercato in mille modi l’assetto più confortevole ed efficace su una leg press, giusto per fare un esempio, ma per quanto mi sforzassi di ottimizzare qui e calibrare là, le mie ginocchia hanno sempre sofferto come disperate. Stessa cosa per la pectoral machine: aprivo il petto, adducevo le scapole, eccetera, eccetera, ma quel dolorino insidioso alla spalla e, in generale, quell’inspiegabile sensazione di “disagio corporeo”, non se ne andavano, MAI.

Le cose sono due: o sono io a essere una pippa clamorosa (e ci starebbe anche), oppure, molto più probabilmente, sono le macchine a non essere adatte per me. Queste ultime sono state concepite con l’idea che il corpo umano si muova nello spazio in modo lineare e geometrico. Con l’idea che tali movimenti possano essere replicati e assecondati da una serie di attrezzi più sofisticati e sicuri.

Dire che i macchinari da fitness siano completamente sbagliati o che non abbiano il loro perché, sarebbe una posizione troppo estrema e ideologica, lo riconosco. Ma in un mondo ideale, ne sono sicuro, non ci alleneremmo mai con le macchine. Nel mondo migliore possibile, non costringeremmo il nostro corpo a muoverci in modalità così rigidamente prestabilite, rinunciando alla libertà in favore di una presunta, maggiore sicurezza.

Ergo, se ti trovi bene con il multipower, o con le macchine in generale, se ritieni che ti siano di aiuto per ottenere risultati più velocemente e più efficacemente, non sarò certo io a giudicarti (quell’aria schifata dalla faccia, col tempo, infatti, sono riuscito per fortuna a togliermela di dosso). Ma il mio invito più sincero è quello di uscire dalle logiche stringenti del bodybuilding, disciplina che vede il corpo né più né meno come un assemblato di muscoli da spremere e massacrare, e riscoprire l’intelligenza del nostro corpo che ama esplorare e sperimentare movimenti complessi, inediti, sfidanti e soprattutto liberi.

Il multipower non sarà forse il male assoluto che molti dipingono, ma se c’è in giro di meglio, dico io, scegliamo sempre il meglio.


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By Capo Tribù

Aka Gianluca Riboni. Pensatore, personal fitness trainer ISSA, insegnante di Anukalana Yoga, leader di Yoga della Risata, scrittore e blogger (un po') incompreso. E soprattutto, sognatore a piede libero.

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