Kapalabhati pranayama, la tua purificazione mattutina

Il risveglio al mattino non è proprio uno dei momenti più entusiasmanti della giornata, soprattutto se è lunedì e soprattutto se non si è ancora preso il primo caffè. 😉

La mente si agita sopraffatta dalle prime incombenze, mentre il nostro amato/odiato cortisolo (detto anche “ormone dello stress”) inizia la sua fisiologica e inesorabile risalita, facendoci sentire nervosi e magari, giustamente, anche un po’ irritati. Niente panico, comunque: per nostra fortuna, abbiamo a disposizione un’efficacissima tecnica yoga, detta Kapalabhati pranayama, la quale, se praticata con regolarità, potrà davvero imprimere una piccola svolta alle nostre giornate.

Che cos’è il Kapalabhati pranayama

Se vogliamo fare i precisini (quale io sono), il Kapalabhati non è un pranayama propriamente detto, ma una tecnica di purificazione che, nel gergo dello Yoga, prende il nome di kriya. Kapal significa “testa” o “cranio”, mentre bathi sta per “purificare”, “far risplendere”: quindi, letteralmente, lo possiamo tradurre come “luce nel cranio” e più avanti vedremo anche il perché.

Come nei pranayama più conosciuti, il Kapalabhati consiste nel modificare volutamente il proprio modo di respirare, in particolare intervenendo attivamente sull’espirazione e lasciando che l’inspirazione avvenga passivamente.

Come si mette in pratica

Il Kapalabhati non è una tecnica così semplice da eseguire, pertanto è preferibile essere seguiti, perlomeno inizialmente, da un istruttore yoga ben preparato. In questo tipo di respirazione, da svolgere seduti con il petto aperto e la schiena ben dritta, si utilizzano esclusivamente i muscoli dell’addome, mentre il diaframma e i muscoli intercostali se ne stanno belli tranquilli.

Dopo aver riempito per bene i polmoni d’aria la prima volta, si contraggono velocemente gli addominali per espellerla altrettanto velocemente. La sensazione, nel farlo, dovrebbe essere quella di “risucchiare” in modo deciso tutta la regione addominale verso l’ombelico. Se questa fase viene eseguita in modo corretto, l’inspirazione avverrà spontaneamente, in quanto l’aria dall’esterno verrà proprio spinta dentro la cassa toracica. In tutto ciò, il diaframma, ben noto per essere uno dei principali muscoli respiratori, va tenuto rilassato dall’inizio alla fine.

Come capire se stiamo facendo le cose per bene?

  • Il torace rimane espanso, immobile, non dovrebbe mai essere coinvolto e non dovrebbe nemmeno collassare in avanti.
  • Il diaframma, lo ripetiamo, si gode un po’ di relax e non si contrae come farebbe normalmente.
  • Le espirazioni (cioè quando buttiamo fuori l’aria) devono essere rapide e secche fin dall’inizio, come se ci stessimo soffiando il naso. Diamo per scontato (ovviamente) che l’aria passi sempre attraverso le narici e mai dalla gola.
  • Le inspirazioni invece sono più lunghe, circa il doppio, rispetto alle espirazioni e devono avvenire come naturale conseguenza delle contrazioni a livello addominale.
  • Dopo ogni contrazione dell’addome, e prima di passare alla successiva, è di fondamentale importanza rilassarlo completamente, in modo da non accumulare tensioni inutili in quella zona.
  • La quantità d’aria espulsa a ogni respiro è irrilevante rispetto alla forza e alla velocità di espulsione. In ogni caso, la qualità dell’esecuzione è dettata più dalla forza impressa a livello addominale che dalla velocità.

Quali sono, invece, gli errori più comuni?

  • Se stai inspirando attivamente, magari con l’aiuto del diaframma e del torace, non stai praticando Kapalabhati, ma qualcos’altro: ricordati che l’aria deve entrare nei polmoni in modo passivo, sempre.
  • Spesso il torace tenderà a muoversi o collassare, quindi bisogna fare attenzione affinché rimanga nella posizione iniziale, vale a dire fermo ed espanso.
  • Le spalle spesso e volentieri tendono a sollevarsi, ma questo non dovrebbe succedere. È normale invece che il petto si alzi, solo leggermente.
  • Eseguire le espirazioni con troppa fretta, a discapito della potenza di espulsione, è controproducente. Meglio prediligere la qualità.
  • Se l’inspirazione ha la stessa durata dell’espirazione, stiamo sbagliando qualcosina: la prima deve essere lunga almeno il doppio.
  • Dopo un po’ di respiri diventa difficile mantenere il ritmo. Quindi, se sentiamo troppa fatica, è meglio concedersi una pausa prima di ricominciare.
  • Infine, lo ricordo, dopo ogni espirazione forzata, gli addominali vanno rilassati completamente (senza far “collassare” il busto o chiudersi in avanti) prima di passare al respiro successivo.

Quali sono i benefici

Il Kapalabhati pranayama, come detto, aiuta a purificare l’organismo operando un veloce ricambio dell’aria. Infatti, esiste una parte d’aria che, a meno che non si usino le maniere forti, non viene mai “respirata” e ristagna nei polmoni, conosciuta con il termine tecnico di volume residuo. Inoltre, grazie alle espirazioni forzate, vengono eliminate grandi quantità di anidride carbonica e assimilate grandi quantità di ossigeno. L’ossigeno, come sappiamo, porta energia alle cellule dell’organismo, mentre la diminuzione di C02 contribuisce a calmare il sistema nervoso che viene invece “eccitato” da questa sostanza.

Il bello non finisce qui. Tra i vari benefici, il Kapalabhati:

  • Stimola il sistema cardiocircolatorio.
  • Migliora l’elasticità polmonare.
  • Risveglia la cintura addominale (ma non illudiamoci di buttare giù i chili di troppo in quella zona, eh?).
  • Massaggia e stimola gli organi interni.

La purificazione, inoltre, può avvenire in modo più sottile: basta cioè visualizzare, a ogni espulsione, una luce che esce dalla testa e la “ripulisce” dalle tossine e dai cattivi pensieri (da qui, infatti, deriva il nome stesso della tecnica che, lo ricordiamo, significa luce nel cranio o far risplendere il cranio).

Consigli conclusivi

Il Kapalabhati richiede davvero pochi minuti e, per tutti i benefici che porta all’organismo, merita di essere inserito nella propria routine mattutina (ammesso che ce ne sia una, ovviamente). L’ideale è partire con dodici cicli eseguiti per tre volte, fino a quando non si familiarizza per bene con la pratica. Se la qualità delle espulsioni viene a mancare (per stanchezza, postura scorretta o altro) oppure si viene a creare qualsiasi tipo di disagio, la pratica va subito interrotta.

Infine, anche per prendere maggiore consapevolezza sul proprio modo di respirare, consiglio di provare prima il viloma pranayama, una delle tecniche propedeutiche per i pranayama più avanzati.


Foto dell'autore

By Capo Tribù

Aka Gianluca Riboni. Pensatore, personal fitness trainer ISSA, insegnante di Anukalana Yoga, leader di Yoga della Risata, scrittore e blogger (un po') incompreso. E soprattutto, sognatore a piede libero.

SCOPRI CONTATTA

Lascia un commento