Alzate laterali, l’esecuzione più corretta e sicura

Le alzate laterali con i manubri sono probabilmente uno degli esercizi più diffusi in palestra, amato sia dal pompatissimo bodybuilder che dalla sempre smagliante signora Pina. Nonostante sia un esercizio piuttosto semplice e alla portata di chiunque, non sempre lo vediamo eseguito in maniera impeccabile e soprattutto sicura per le articolazioni.

In questa mini-guida, vediamo subito come rendere questo esercizio più efficace scongiurando al tempo stesso spiacevoli infortuni.

 

In che cosa consistono le alzate laterali?

A livello biomeccanico, assistiamo a un’abduzione dell’omero che, dal tronco, si allontana progressivamente fino a formare un angolo di 90 gradi, anche se in linea teorica è possibile proseguire il movimento portando il peso sopra la testa. In altre parole, l’esercizio consiste nel sollevare il braccio lateralmente, stringendo tra le mani un manubrio o, in alternativa, con l’ausilio di un cavo.

Come regola generale, è meglio eseguire le alzate laterali restando in piedi, perché così è più facile ridurre il carico sui dischi intervertebrali e mantenere le curve fisiologiche della schiena. La comodità di stare seduti su una panca, contrariamente a quanto si crede, infatti, non è sempre sinonimo di “sicurezza” o “protezione”.

 

Quali muscoli vengono coinvolti?

Detto in modo figo, il movimento consiste nell’abduzione dell’omero, cioè un suo allontanamento dal piano sagittale, ma perché ciò avvenga è necessaria la collaborazione di clavicola e scapola, le quali devono ruotare e sollevarsi verso l’alto.

In particolare, dalla posizione di partenza fino ai 30 gradi di abduzione, la scapola non contribuisce all’alzata, ma si limita a stabilizzare l’articolazione. In questa prima fase, sono chiamati in causa in modo preponderante il deltoide, il sovraspinato, il sottospinato e il sottoscapolare.

Superati i 30 gradi, la scapola inizia il suo movimento di rotazione grazie allo spostamento della clavicola e all’azione di gran dentato e trapezio. Quando la scapola raggiunge il grado massimo di rotazione, cioè di circa 60 gradi, il resto del movimento è a opera esclusivamente dell’omero.

In ogni fase, gli attori principali del cast rimangono sempre il deltoide e il trapezio. Per essere più precisi:

  • Fino agli 80 gradi di abduzione, il rapporto è di 3 a 1 a favore dell’omero, quindi è coinvolto maggiormente i deltoide rispetto al trapezio.
  • Tra gli 80 e i 140 gradi, tale rapporto scende a 2 a 1 sempre favore dell’omero.
  • Oltre i 140 gradi, il rapporto è di 1 a 1: ciò significa che trapezio e deltoide sono coinvolti allo stesso modo.

In sintesi, deltoide e trapezio vengono stimolati dall’esercizio in qualunque parte del movimento, anche se il muscolo della spalla ha un ruolo più importante nelle prime fasi dell’alzata. C’è da dire anche che il picco massimo di contrazione del deltoide si registra tra i 60 e i 90 gradi di abduzione. Per questo motivo, in genere, le alzate laterali si fermano con un angolo di novanta gradi tra l’omero e il busto, cioè quando il braccio è perfettamente parallelo rispetto al pavimento. Andare oltre renderebbe l’esercizio più impegnativo e, soprattutto, richiederebbe per forza di cose un carico più basso.

Per quanto riguarda il deltoide, i fasci maggiormente stimolati sono quelli anteriori e mediali. Si può spostare leggermente il focus sui fasci posteriori, ma, come vedremo più avanti, ciò renderebbe l’esercizio più pericoloso e stressante per la spalla.

 

Cosa dice la scienza al riguardo?

A tal proposito, vale la pena dare un’occhiata ai risultati del recente studio dal titolo “Un’analisi elettromiografica delle variazioni dell’alzata laterale e del sollevamento frontale nei bodybuilder competitivi”, firmato da Giuseppe Coratella, Gianpaolo Tornatore, Stefano Longo, Fabio Esposito, Emiliano C’è, e riportato nella rivista “Perfomance” di ottobre 2020. Le conclusioni confermano quello che già si conosceva in merito all’attivazione muscolare durante questo esercizio.

In particolare:

  • Più viene aumentata l’extra-rotazione dell’omero, più viene attivato il deltoide anteriore.
  • Più viene aumentata l’intra-rotazione dell’omero, più viene attivato il deltoide posteriore.
  • La porzione mediale del muscolo lavora di più se il braccio è esteso e non piegato.
  • Se le alzate vengono eseguite frontalmente, il lavoro si sposta sul pettorale e sul deltoide anteriore.

 

Come eseguire le alzate laterali, dunque?

L’esercizio parte da in piedi con le braccia distese lungo i fianchi, con i gomiti leggermente flessi. Mentre in alcuni esercizi, come quelli per il dorso o per il petto, tendiamo ad avvicinare le scapole tra loro e quindi ad aprire bene il torace, in questo caso è molto importante mantenere l’assetto neutro delle scapole.

Per quanto abbiamo detto finora sulla biomeccanica dell’esercizio, le scapole devono ruotare verso l’alto nella maniera più naturale e fluida possibile. In linea generale, la scapola dovrebbe essere anteposta fino a formare idealmente un angolo di 30 gradi rispetto al piano frontale.

L’esercizio parte allontanando entrambe le braccia dai fianchi, vale a dire abducendo l’omero. Dopo aver formato un angolo di circa 30 gradi tra l’omero e il fianco, abbiamo due strade: proseguire il movimento mantenendo il palmo della mano rivolto verso i basso fino a raggiungere l’angolo di novanta gradi, oppure ruotare esternamente l’omero (non l’avambraccio) in modo tale che i pollici rimangano rivolti verso l’alto.

Se opto per la extra-rotazione, sicuramente preferibile in caso di infortuni o disturbi pregressi alla spalla, il movimento potrebbe continuare oltre portando i manubri fin sopra la testa: nella posizione finale, i palmi della mano tenderanno quindi ad avvicinarsi tra loro come una coppietta di innamorati. Cosa molto importante: ruotando l’omero verso l’esterno, il lavoro muscolare si concentrerà maggiormente sui fasci anteriori del deltoide e meno su quelli mediali.

Se l’assetto scapolare è mantenuto correttamente, una volta raggiunti i fatidici novanta gradi le mani non dovrebbero trovarsi sulla stesse linea delle spalle, ma leggermente più avanti.

La discesa, poi, dovrà essere controllata e non eccessivamente brusca. Il peso va considerato con molta attenzione, soprattutto se si sceglie la variante con il ROM completo. Si tratta infatti di un esercizio da eseguire con carichi medio-bassi, anche perché il deltoide non è un muscolo particolarmente grande e l’articolazione in sé è molto delicata.

 

Come rendere l’esercizio più sicuro?

L’articolazione della spalla è fatta un po’ in modo strano. La testa dell’omero è incastrata (anche se tanto incastrata non è) in una cavità compresa tra scapola e clavicola, detta cavità glenoidea. A tenere insieme il tutto, ci pensano i numerosi muscoli e tendini attorno alla spalla. Questa struttura la rende particolarmente mobile ma anche, ahimè, piuttosto fragile e soggetta a infortuni.

In palestra, in particolare, il pericolo maggiore potrebbe derivare dalla possibile compressione dei tessuti molli al suo interno. Come si può vedere sui libri di anatomia, nello spazio che intercorre tra la testa dell’omero e l’acromion (l’osso sporgente della scapola) si inseriscono molti tendini, tra cui quello del muscolo sovraspinato (uno dei più soggetti a infortuni e infiammazioni, by the way), del bicipite brachiale e degli altri muscoli che compongono la cosiddetta “cuffia”. Movimenti sbagliati e protratti nel tempo possono causare la compressione o l’intrappolamento di una di queste strutture, provocando dolore, usura e infiammazione, in quella che viene definita sindrome da conflitto sub-acromiale o anche impingement sub-acromiale.

Per farla breve, è di fondamentale importanza eseguire movimenti che lascino il più possibile inalterato questo spazio all’interno della cavità glenoidea, cioè rispettando la fisiologia delle strutture articolari.

I movimenti considerati più pericolosi sono quelli che combinano l’abduzione dell’omero e la sua contestuale intra-rotazione. Effettuare delle alzate laterali intra-ruotando il braccio, come se volessi svuotare una brocca d’acqua, sarà anche il modo migliore per focalizzarsi sul più che trascurato deltoide posteriore, ma con il rischio di vedersi l’articolazione usurata prima del tempo.

Sia chiaro, non è mica detto che sia un gesto “distruttivo” per tutti, anche perché dipende da quanto spazio ci ha donato Madre Natura tra l’acromion e la testa dell’omero. Se ne abbiamo a sufficienza, potrebbe trattarsi di un discorso eccessivamente prudente, ma in ogni caso, come facciamo a saperlo?  E soprattutto, perché rischiare in modo inutile quando ci sono altri esercizi più sicuri e magari anche più efficaci?

 

In breve

  • Le alzate laterali sono un esercizio che coinvolge in primis deltoide e trapezio. Entrambi vengono stimolati dall’inizio alla fine, ma il deltoide predomina nella prima parte del movimento.
  • Esistono tre varianti: quella in extra-rotazione (con i pollici che vanno in su) è considerata più fisiologica, ma sposta di molto il focus sui fasci anteriori del deltoide; quella neutra, con i palmi paralleli a terra, fa lavorare di più la parte centrale, o mediale, del muscolo; quella in intra-rotazione (con i pollicini giù) stimola di più il deltoide posteriore, ma con un rischio maggiore di compressione delle delicate strutture articolari.
  • L’assetto ideale vede le scapole “neutre”, cioè con un angolo di circa 30 gradi tra la scapola e il piano frontale. In altre parole, non è consigliato avvicinare le scapole e spalancare il torace come faremmo nella panca piana o in altri esercizi per il petto e per il dorso.
  • Lo stimolo parte dal deltoide, cioè dalla spalla: un peso eccessivo potrebbe farci sì sollevare i manubri, ma compensando con altri muscoli che dovrebbero starsene un po’ tranquilli.
  • L’intra-rotazione, soprattutto se molto accentuata, sarebbe da evitare come la peste: per alcuni soggetti con uno spazio sub-acromiale ristretto o con infortuni conclamati, il rischio di farsi male è davvero elevato. Per chi invece non soffre di particolari disagi con questa variante, è consigliabile comunque la prudenza: gli infortuni più seri, di solito, avvengono nel tempo, a furia di stress anomali e ripetuti.

 

Buona alzata!


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By Capo Tribù

Aka Gianluca Riboni. Pensatore, personal fitness trainer ISSA, insegnante di Anukalana Yoga, leader di Yoga della Risata, scrittore e blogger (un po') incompreso. E soprattutto, sognatore a piede libero.

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