#2 – Non ci sono novità, e sono felice così

“Se non hai letto il giornale, sei disinformato. Se l’hai letto, sei male informato.”

Mark Twain

 

Lo sapevi che le notizie fanno male?

Pensa all’ultima volta che hai guardato il telegiornale e ti è venuta voglia di costruirti un rifugio antiatomico sotto casa. Pensa a come eri depresso quando su Facebook hai visto la foto di quel tuo collega disteso come una foca su una spiaggia caraibica.

Quelle notizie hanno avuto un effetto su di te. Ti sei lasciato influenzare.

E adesso le notizie, come tanti Gremlins raccapriccianti, si sono moltiplicate in modo allarmante. Ammiccano e ti corteggiano da ogni parte, peggio ancora se hai l’istinto compulsivo di controllare il cellulare ogni cinque minuti. Peggio ancora se i tuoi amici su Facebook ci tengono a farti sapere quale marca di crema abbronzante hanno ficcato in valigia.

Spesso le notizie ti raggiungono anche quando non sei tu a cercarle.
Le notizie sono dappertutto. Sei circondato.

Arrenditi.

 

“Ma come? Non possiamo mica farne a meno!”

Lo so. Sono stato un po’ troppo brusco. Dopotutto abbiamo bisogno di sapere come va il mondo, cosa va di moda, se è in atto una guerra termonucleare o se i nostri mutui stanno per salire alle stelle.

Anche io la pensavo in questo modo, prima di imbattermi nell’articolo di Rolf Dobelli, News is bad for you and giving up reading it will make you happier (è un estratto del suo bestseller The art of thinking clearly, tradotto in Italia con il titolo “L’arte di pensare chiaro”, ed è buffo che sia stato proprio un giornale a pubblicarlo, vero?).

L’autore ci pone una domanda molto semplice.
Di tutte le migliaia di notizie che hai letto o sentito negli ultimi dodici mesi, riesci a dirmene almeno una che ti sia stata VERAMENTE utile? Una che ti abbia aiutato a fare scelte migliori su questioni importanti riguardo alla tua vita privata o lavorativa?

Hai cinque secondi per pensarci.

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Trovata?

Se, come me, sei rimasto con un pugno di moscerini in mano, sappi che è normale.

 

“Non è più come una volta …”

Ammesso che una volta fosse poi meglio, oggi il mondo dell’informazione è letteralmente esploso. Le notizie viaggiano alla velocità della luce e sono sempre più scarne e frammentate, come tanti stuzzichini appetitosi da consumare in un sol boccone.
In un contesto sempre più dinamico e competitivo, le notizie vengono confezionate per attirare l’attenzione e creare un impatto emotivo sempre più profondo, spesso a scapito dell’analisi e dell’approfondimento.
Magari, invece di spiegarti per filo e per segno le origini di un conflitto armato, con le complesse dinamiche geopolitiche e i delicati interessi che ci stanno dietro, i giornalisti preferiscono farti vedere le case dilaniate dalle bombe, i soldati in passamontagna, i muri macchiati di sangue, i volti dei bambini affamati e sporchi di fango, i colpi di mortaio.

Perché le notizie sono merce da vendere e i giornalisti faranno di tutto per continuare a vendercele. E’ una questione di domanda e offerta, è una questione di sopravvivenza.

 

“Ma cosa c’è di così sbagliato?”

Come detto, le notizie sono indispensabili per conoscere il mondo e restare al passo coi tempi. Di cosa parleremmo al bar con gli amici e come faremmo a prendere decisioni consapevoli, se restassimo all’oscuro di quello che accade?

Vogliamo parlare poi della libertà di informare ed essere informati, della libertà di espressione? E’ un diritto fondamentale dell’umanità, di per sé fragilissimo, in costante pericolo, soggetto ogni giorno a pressioni e minacce di ogni tipo. Inoltre, la figura stessa del giornalista è in crisi, a metà tra uno show-man con la brillantina e un redattore cut&paste, e i giornali tradizionali sono già chiamati ad affrontare un progressivo calo di lettori e introiti pubblicitari. Così non facciamo altro che dare il colpo di grazia. E’ questo che vuoi?

Assolutamente no, ma prima cerchiamo di capire perché, secondo Dobelli, le notizie sarebbero così cattive per noi.

  1. Le notizie ci traggono in inganno.
    Giornali e telegiornali fanno una sintesi delle notizie che ritengono più interessanti per il proprio pubblico, ma sono solo uno spaccato sul mondo, sono il risultato di una visione che, per quanto precisa e onesta, risulterà sempre e comunque parziale.
    Quello che leggiamo o sentiamo non è tutto quello che succede nel mondo, ma ce ne dimentichiamo ogni volta. Ci illudiamo di poter interpretare e digerire le notizie senza problemi.
    Ci raccontano che un aereo è caduto, uccidendo centinaia di persone, ma non ci dicono che nello stesso giorno altre migliaia e migliaia di aerei sono atterrati in tutta sicurezza. Ci raccontano che un padre ha preso a coltellate la figlia, ma non ci dicono che milioni per non dire miliardi di padri nel mondo, quello stesso giorno, NON hanno torto un solo capello alla propria. Ci dimentichiamo che l’aereo caduto, il padre che accoltella, sono un’eccezione, e non la dannatissima regola. Eppure nella nostra testa ci immaginiamo un mondo pericoloso di padri violenti e assatanati, e non appena saliamo su un aereo cominciano a venirci le mani un po’ sudaticce.
  2. Le notizie sono (perlopiù) irrilevanti
    Troppo spesso i giornalisti ci dicono quello che è nuovo, più “caldo” in quel momento, ma non necessariamente quello che è più IMPORTANTE per noi. Sono come le abbuffate di Natale. Mangiamo tutto quello che ci mettono nel piatto anche quando il corpo ci dice che è sazio e sappiamo già che finiremo per scoppiare.
  3. Le notizie non ci aiutano a capire davvero
    Ti sei mai affezionato a una notizia qualunque e hai voluto andarci un po’ a fondo? Magari l’hai seguita da un telegiornale all’altro, hai confrontato opinioni e punti di vista in tutti i talk show possibili e immaginabili, e alla fine ti sarai sentito più confuso di prima e non ci avrai capito un granché, perché le notizie erano troppo caotiche, si ammucchiavano l’una sull’altra in modo disordinato, grattando solo la superficie del problema, magari con tanti dettagli ma pochi fatti.
    Eppure, forse, sarebbe bastato un solo interminabile articolo, noioso e fitto di statistiche, scritto da un giornalista esperto e autorevole, e avresti capito tutto in un battibaleno.
  4. Le notizie rilasciano vere e proprie “tossine”
    Se inizi la giornata inquinando il cervello con sparatorie, incidenti stradali, calamità naturali, omicidi, stupri, guerre sanguinose e crisi politiche, il tuo corpo produrrà quantità più o meno grandi di cortisolo, il famigerato ormone dello stress, colui che dovrebbe farci stare in allerta durante pericoli o situazioni complicate.
    Ma lo stress deve essere limitato nel tempo, deve aiutarci ad affrontare reali situazioni di emergenza, e sappiamo tutti che, a lungo andare, ci potrebbe rendere nervosi, irritabili, appannati, depressi, ansiosi, aggressivi e paranoici. Insomma, si salvi chi può!
  5. Le notizie non ci aiutano veramente a pensare
    Pensare richiede fatica e concentrazione, vero? Ma come facciamo a concentrarci se ogni minuto che passa arriva un nuovo post a reclamare la nostra attenzione? Come facciamo a riflettere sulle informazioni appena ricevute, se subito dopo ne arriveranno altre e poi altre ancora, sempre più fresche?
    Nell’era dell’interruzione continua, dove dobbiamo essere sempre connessi e reperibili 24 ore su 24, il concetto stesso di “concentrazione” sembra una reliquia del passato, e probabilmente arriveranno studi scientifici che ci diranno come i nostri cervelli siano stati orrendamente plasmati, ormai incapaci di assimilare informazioni più lunghe di 140 caratteri (sì, la lunghezza di un tweet, my dear).
  6. Le notizie ci fanno perdere tempo e ci rendono passivi
    Fai un po’ il calcolo del tempo che dedichi al consumo delle notizie ogni giorno, tra una pausa e l’altra in uffizio, indugiando sulla timeline di Facebook o aprendo in modo compulsivo la prima pagina del Corriere. Quanto tempo hai sprecato in questo modo, tempo prezioso che poteva essere dedicato ad altro, magari nella lettura di una notizia davvero importante, magari un po’ più impegnativa e dannatamente noiooooosa?
    E leggendo tutte quelle notizie, non ti sei mai sentito impotente davanti alla grandezza degli eventi? Non ti sei sentito un po’ depresso e catastrofista davanti a cose che non potevi influenzare in alcun modo?
  7. Troppe notizie uccidono la creatività
    Lo posso confermare io stesso. Ogni volta che mi sono messo di impegno per stare al passo con l’attualità, divorando una quantità industriale di riviste e quotidiani, molto raramente ho trovato idee brillanti o particolarmente creative.
    Non credo che siano le notizie in sé a intaccare il pensiero creativo, piuttosto l’accanimento con cui costringiamo il nostro cervello a strafogarsi di news dalla mattina a sera, senza dargli il tempo di respirare, il tempo di vagare nel disordine delle idee e costruire nuove connessioni.
    E tu, conosci qualche persona creativa o particolarmente geniale che rosicchia giornali dalla mattina alla sera? Io personalmente no.
  8. Le notizie sono un po’ una droga
    Sono come gli zuccheri. Pensiamo di averne bisogno e continuiamo a consumarli in grande quantità, anche se il nostro corpo potrebbe farne tranquillamente a meno. E più ne consumiamo, più ne vogliamo.
    Ci appassioniamo alle notizie come fossero telenovelas e poi vogliamo sapere come vanno a finire. Ci sentiamo quasi obbligati a controllare i nostri social network preferiti più e più volte al giorno, per timore di esserci persi “qualcosa”.

 

“Ok, vieni al dunque.”

In buona sostanza, le notizie rischiano di fornirci una visione distorta e imprecisa del mondo, e in tal modo influire negativamente sui nostri comportamenti e ostacolare le nostre scelte. Volevo licenziarmi e aprire un’impresa per conto mio, ma poi ho saputo che il PIL è calato dell’0,1%. Volevo fare un viaggio in Africa, ma poi ho saputo di quella povera suora rapita in Congo. Volevo votare per quel nuovo partito, ma poi ho visto che nei sondaggi annaspava tra gli ultimi.

In buona sostanza, ci sono migliaia e migliaia di notizie là fuori di cui non abbiamo assolutamente bisogno, che non ci danno assolutamente nulla, ma si prendono così tanto.

Ebbene, dopo aver scoperto che un elemento è potenzialmente tossico (non come l’asbesto, il tabacco o il salame piccante, ma quasi), ci sono tre cose che possiamo fare:

  1. Fregarcene.
  2. Moderarci un po’, ma un BEL po’.
  3. Evitare del tutto il consumo.

Molte persone se ne fregano di molte cose, così è la vita, ma se tutti ci buttassimo sulla terza opzione, probabilmente nessuno leggerebbe più un bel niente. Nel silenzio e nell’indifferenza, nessuno riuscirebbe a far sentire la propria voce. Non sapremmo di che parlare alla macchinetta del caffè o alla prossima cena coi parenti.

La seconda soluzione sembra un buon compromesso, anche se pericolosamente discrezionale. Come posso decidere qual è il mio consumo ottimale di notizie? Non c’è il rischio di calcare un po’ la mano e finire per abbuffarmi tanto quanto facevo prima?

Oh, yes.

Ma forse c’è una quarta strada, orientata più verso la qualità, come suggerisce Rolf Dobelli:

 “Society needs journalism – but in a different way. Investigative journalism is always relevant. We need reporting that polices our institutions and uncovers truth. But important findings don’t have to arrive in the form of news. Long journal articles and in-depth books are good, too. I have now gone without news for four years, so I can see, feel and report the effects of this freedom first-hand: less disruption, less anxiety, deeper thinking, more time, more insights. It’s not easy, but it’s worth it.”

Tradotto, vuol dire: informatevi in modo attivo, spegnete radio e televisione, disertate i social network, leggete saggi e articoli approfonditi. Consumate notizie di qualità da fonti fidate e autorevoli. Prendetevi il tempo necessario per farlo e non lasciatevi condizionare troppo dai trend del momento. Insomma, siate dei secchioni.

Beh, non è proprio una traduzione letterale, ma rende il concetto?

Qui, sia chiaro, non viene negato il nostro sacrosanto bisogno di essere informati e conoscere ogni giorno cose nuove. Qui si tratta di rivoluzionare alla base le nostre scelte di consumo.
Perché il mondo è complesso, i fatti sono dannatamente difficili da spiegare e da interpretare, e non ci sono scorciatoie. Bisogna approfondire e dedicare molto più tempo di quanto siamo disposti a fare. Altrimenti, dico io, piuttosto che essere male informati o farsi le idee sbagliate, è meglio non sapere affatto.

 

“La fai sempre facile, tu.”

No, non è affatto facile. Proprio per niente. Molte abitudini sono molto radicate in noi e staccarsi dagli amici su Facebook e compagnia bella potrebbe risultare traumatico per molti. Io, al momento, non ci sono ancora riuscito, però, da bravo secchione, mi sono imposto delle regole di massima, che butto qui in ordine sparso.

  • Cercare sempre fonti autorevoli, anche di nicchia, su argomenti che davvero ci interessano o potrebbero tornarci utili.
  • Cercare sempre articoli interessanti e magari contro-corrente (oggi, grazie a Internet, tutto questo è possibile), salvarli tra i preferiti e leggerli con calma, quando abbiamo tempo.
  • Dedicare un tempo limitato, e soprattutto consapevole, alle notizie durante il giorno. Non più di una o due ore. E mai farlo per distrarsi o durante le pause.
  • Se siamo troppo pigri, meglio affidarsi a fonti che selezionino le notizie più interessanti al posto nostro, senza troppa ansia del click, come The Browser (che scandaglia la rete alla ricerca di contenuti interessanti e propone ogni giorno un’accurata selezione di cinque articoli) o Daily Pnut (che, invece fa una sintesi giornaliera dei fatti più salienti di attualità).
  • Utilizzare applicazioni come Instapaper e Pocket (in grado di salvare articoli che voglio leggere più tardi) per creare una lista di notizie con cui abbuffarsi come se non ci fosse un domani, ma senza i rischi di cui sopra.
  • Non soffermarsi troppo tempo su fonti “infinite” (social network, blog generalisti, quotidiani online), ovunque ci sia una valanga eccessiva di notizie in poco tempo, ripiegando magari su quei fossili come i libri, le riviste, i settimanali, ma anche i video, i film, i documentari, in cui siano chiaramente indicati un inizio e una fine, tanto per non perdersi nello spazio cosmico.

 

In questo modo, sarai in grado di costruirti un paniere personale di notizie, allettante e a portata di mano. Notizie che ti faranno crescere. Notizie che avrai scelto tu stesso.

Certo, continueranno a succedere cose brutte, purtroppo, cose che non potrai non conoscere, ma almeno saprai collocarle nel giusto contesto, osservarle nelle giuste proporzioni.
Provaci e vedi come va.
Non iniziare questa dieta domani. Inizia oggi stesso.

 

POST SCRIPTUM. Se sei riuscito ad arrivare fino in fondo (grazie per la pazienza), avrai capito anche che abbiamo bisogno, un bisogno disperato, di giornali e giornalisti, sia sul “vuvuvu” sia sulla cara vecchia cartaccia.
Giornalisti integerrimi, giornalisti coraggiosi, competenti  e soprattutto ONESTI.
Senza di loro, davvero, non avremo mai speranza di capire il mondo.
🙂


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By Capo Tribù

Aka Gianluca Riboni. Pensatore, personal fitness trainer ISSA, insegnante di Anukalana Yoga, leader di Yoga della Risata, scrittore e blogger (un po') incompreso. E soprattutto, sognatore a piede libero.

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